Islam

Il califfato: dalle origini ai giorni nostri

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H-Key è un’associazione, e questo blog vuole essere la sua voce. Questo non ci impedisce, però, di utilizzare questo strumento per permettere a giovani storici “esterni” di portare le loro competenze e le loro conoscenze presso il nostro pubblico. Il primo di questi collaboratori esterni si chiama Renzo Vendrasco, studia all’Università di Padova e oggi ci parla dell’istituzione del Califfato islamico, che recentemente è tornato alla ribalta per via delle vicende legate all’ISIS, in Iraq. Attenzione: Renzo nell’articolo preferisce utilizzare l’acronimo ISIL, anch’esso ugualmente corretto, anche se meno usato dalla stampa italiana.


di Renzo Vendrasco

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Alla notizia della “restaurazione del Califfato” in Medio Oriente il mondo occidentale ha reagito con preoccupazione e sorpresa. Questo ISIL (Islamic State in Iraq and Levant) si è proclamato indipendente già a gennaio, ma da fine giugno, per bocca del suo leader Abu Bakr al-Baghdadi, è stato deciso il salto di qualità, ora è un Califfato, un istituzione che non si vedeva nel modo islamico dai tempi degli Ottomani. Cosa ha spinto i mujaheddin dell’ISIL a compiere questo passo? Qual è la sua portata simbolica?

Prima di tutto bisogna avere chiaro in testa che cosa sia il Califfato, cosa non proprio automatica in occidente. Non è semplicemente un’autorità politica, è il “Vicario” (in arabo khalifa) del profeta Muhammad; in esso, quindi, si fondono autorità politica e spirituale. La sua creazione risale alle origini stesse dell’Islam ed è proprio attorno a questa figura che nascono le grandi fratture, tutt’oggi esistenti, nel mondo musulmano.

Alla morte del profeta, avvenuta nel 632, non fu stato indicato alcun successore e si palesarono i primi grandi problemi della nuova religione monoteista nata nella penisola Araba. Muhammad era di certo un mistico, che passava gran parte delle notti in preghiera, ma era anche un mercante e un raffinato politico. Egli infatti non solo portò la nuova religione, ma unificò le tribù arabe in una nuova società, basata sulle parole che Dio gli fece pervenire. Prima della sua predicazione, essendo società araba politeista, non erano inusuali i “profeti” monoteisti (hanifa). Al tempo del profeta probabilmente ne gironzolavano almeno quattro. Muhammad riuscì ad imporsi probabilmente perché era quello che meglio conosceva i meccanismi del mondo in cui viveva, in quanto ex mercante. Questo, unito al suo profondo lato spirituale, faceva di lui la figura più carismatica del panorama arabo. Alla sua morte fu necessario trovare il modo che la sua carica carismatica non morisse con lui, ma venisse, in un certo senso, trasferita; il pericolo principale era lo sfaldamento delle tribù, rendendo totalmente vani gli sforzi del profeta.

MAHOMA_Y_ABUBEKER_EN_LA_CUEVA.-_Miniatura_turca_._siglo_XVII._Dresde,_Biblioteca_Nacional_de_SajoniaSi fece avanti ‘Alī ibn Abī lālib, colui che aveva sposato Fatima, la figlia di Muhammad. In un occasione il profeta gli aveva chiesto di condurre gli affari della comunità durante un breve periodo di assenza, cosa che a molti fece pensare che potesse succedergli degnamente. Alzarono la voce anche i Medinesi, che pretendevano che il successore del profeta dovesse provenire dalla città che lo aveva accolto nella sua fuga, l’Egira, nel 622. Ma si impose agli occhi di tutti la grande figura di Abu Bakr, l’ombra del profeta, il primo discepolo, nonché suo suocero. Era più vecchio di Muhammad, ma lo aveva affiancato durante tutta la sua predicazione. Era l’uomo giusto per un momento così difficile e divenne pertanto il primo Califfo della comunità Islamica. Il suo Califfato durò appena due anni, che furono però di vitale importanza: egli riuscì a compattare i domini dell’Islam e non esitò ad usare il pugno di ferro con le tribù che tentarono di abbandonare la fede Islamica per seguire le predicazioni di altri profeti, i quali furono rapidamente ridotti al silenzio o convertiti.

Nel 634 fu eletto come secondo Califfo ‘Omar, anch’egli suocero del profeta (Muhammad aveva più di una moglie, cosa che gli permise di formare importanti alleanze). In dieci anni di Califfato portò il fenomeno dell’Islam fuori dalla penisola Araba, occupando Siria, Iraq ed Egitto. Riuscì a mettere a punto un esercito capace di affrontare rapide e devastanti campagne militari, con le quali sconfisse avversari del calibro dell’Impero Bizantino e dell’Impero Sasanide. ‘Alī era invece stato messo nuovamente da parte! E non sarebbe stata l’ultima volta.

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Arriviamo così nel 644, quando divenne terzo Califfo ‘Uthman. Egli terminò il lavoro iniziato dal suo predecessore, sconfiggendo in maniera definitiva i Sasanidi, e disegnando una prima struttura organizzativa per l’impero. Ma il suo califfato passò alla storia per un altro motivo: volle mettere per iscritto le parole del profeta, fino ad allora recitate a memoria da un piccolo gruppo di persone, sempre meno numeroso dopo le guerre affrontate in quegli anni. Prima che fosse troppo tardi fece redarre la cosiddetta “Vulgata di ‘Uthman”, ovvero la versione definitiva del Corano.

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Il suo Califfato si concluse tragicamente nel 656, quando venne assassinato durante la preghiera in una moschea. Suo successore fu ‘Alī, che finalmente ebbe campo libero, ma non senza difficoltà: il sospetto che ‘Alī avesse le mani impregnate del sangue di ‘Uthman era troppo grande, pertanto gli venne chiesto di creare una commissione di inchiesta perché indagasse sui fatti. Il suo atteggiamento, non spiccatamente collaborativo, portò alla rivolta della provincia della Siria, governata da Mu’awiya ibn Abi Sufyan, nominato a suo tempo da ‘Uthman e figlio del celebre generale meccano che trattò la resa della città con Muhammad stesso. Lo scontro tra due fazioni era inevitabile.

Ali_ibn_Abi_Talib_in_a_depicton_paintingNel 657 ebbe luogo a Siffin una battaglia che fu un vero e proprio spartiacque. ‘Alī affrontò direttamente Mu’awiya, il quale, messo alle strette, prese una decisione che, usando le parole di Carlo Saccone, “cambiò letteralmente le sorti dell’Islam”: affisse sulle lance dei propri soldati le pagine del Corano, provocando lo sconcerto degli avversari e l’interruzione dello scontro. Si decise quindi di tornare alla precedente ipotesi di formare una commissione. Alcuni si opposero a tale decisione, formando una terza fazione che sosteneva il “giudizio di Dio in battaglia”. Questi presero il nome di Kharijiti (“coloro che sono usciti”) e divennero una spina nel fianco per Mu’awiya, ma soprattutto, come vedremo poi, per ‘Alī.

L’arbitrato si pronunciò a sfavore di ‘Alī, Mu’awiya divenne quindi il nuovo Califfo. Quest’ultimo si ritirò a Damasco, mentre ‘Alī si diresse a Kufa, nuova capitale dell’Impero e si dedicò a reprimere i Kharijiti. E fu proprio per mano di un kharijita vendicativo che ‘Alī venne assassinato nel 661.

Ebbene, è proprio dallo scontro tra ‘Alī e Mu’awiya che nasce la grande frattura che affligge l’Islam anche ai giorni nostri: quella tra Sciiti e Sunniti. Questi ultimi erano i sostenitori di Mu’awiya, mentre gli Sciiti erano gli Alidi. Prendono il nome dalla parola Shī’a, che significa per l’appunto “fazione”. Col passare del tempo la frattura inizialmente “politica” divenne anche “dottrinale”, rendendo sempre più difficile la convivenza delle due parti.

Il periodo dei cosiddetti “califfi ben diretti” è probabilmente il momento più importante dell’Islam, un momento fondativo, di compattamento e, allo stesso tempo, di profonde fratture. I califfati successivi non furono più elettivi, ma si trasformarono in vere e proprie dinastie ereditarie, a partire dalla dinastia Omayyade, quella di Mu’awiya. Il Califfato da allora divenne una carica da ereditare o da conquistare. Numerose furono le lotte intestine tra dinastie, nacque più di un Califfato e l’unità musulmana sognata da Muhammad si perse. Tra le famiglie califfali più importanti ricordiamo gli Abbasidi e gli sciiti Fatimidi. L’arrivo poi di Turchi e Mongoli gettò ulteriore scompiglio nel panorama musulmano. Gli Ayyubidi, la dinastia curda del Saladino, assunse nel XII secolo la carica di “Sultanato” (dall’arabo sulmān, “autorità”), che sarà poi anche dei Mamelucchi (Turchi) d’Egitto e dei Turchi Ottomani. Questi affiancavano la nuova carica, prettamente politica, a quella califfale.

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Abdülmecid II fu l’ultimo califfo Ottomano, deposto in seguito agli eventi che portarono alla caduta dell’impero dopo la Prima Guerra Mondiale

Ma ora torniamo al ISIL: Abu Bakr al-Baghdadi, che ironicamente porta il nome del primo Califfo “ben diretto”, richiama evidentemente all’Islam delle origini. Il problema è che non richiama solamente alla forza e all’unità dei primi musulmani, ma anche alla profondità delle sue fratture. L’ISIL infatti è sunnita e nella sua avanzata in Iraq e Siria auspica la distruzione dei luoghi simbolo dello Sciismo, mettendo in pericolo i suoi seguaci. Non sfuggono al pericolo nemmeno i Cristiani e le altre minoranze mediorientali, come Curdi, Drusi ed Alawiti (eresia musulmana di cui è seguace il presidente siriano Assad).

Al-Baghdadi ha quindi giocato la carta del Califfato per cercare l’appoggio di tutti i Sunniti, che però sta venendo a meno, soprattutto a causa delle violenze operate dall’ISIL e di un fondamentalismo talmente rivolto alle origini da apparire forse, al giorno d’oggi, un po’ anacronistico.

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Clicca sulle immagini per raggungere le fonti. Le immagini d’apertura e di chiusura rimandano ad altrettanti articoli sull’ISIS apparsi su Il Post