Prima Guerra Mondiale

Fabio Filzi: una scuola nel ricordo. Prima parte

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In occasione del centenario della Prima Guerra Mondiale il team di H-Key vi vuole proporre alcuni contributi sul tema. Comincia il nostro Luca, con un articolo che ci vuole ricordare l’indissolubile legame che la Grande Guerra ha con il territorio italiano, non solo nelle regioni del fronte, ma anche ben più lontano, come nel suo natio Abruzzo. Legame che in qualche modo, volenti o nolenti, influenza la nostra crescita e la nostra cultura.


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di Luca Palumbo

Il nome di Fabio Filzi è arcinoto per i cittadini del comune dove sono cresciuto, Alba Adriatica, giovane e ridente località sulle coste teramane dell’Abruzzo e, devo essere sincero, ho creduto per molti anni dell’ adolescenza che si trattasse di un mio concittadino. Chi sia stato e cosa avesse fatto per avere questo onore mi è rimasto oscuro fino alla maggiore età. Le generazioni precedenti lo conoscono molto meglio del sottoscritto poiché non c’ è adulto o anziano albense che non abbia frequentato la scuola elementare “Fabio Filzi”. In realtà il piccolo plesso scolastico esisteva molto prima che il comune rivierasco venisse fondato, nel 1956.

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Terza Elementare, anno 1920-21: al centro l’insegnante Elvira Zanoni. Per gentile concessione del signor Pasquale Rasicci

Gli indizi per svelare quel mistero erano sotto gli occhi di tutti anche se presupponevano una minima conoscenza della storia italiana. L’edificio scolastico, infatti, sorgeva in via Cesare Battisti. A questo punto una domanda balena nella mia testa. Chi ha deciso che Fabio Filzi dovesse essere impresso nella memoria dei cittadini di Alba Adriatica? La risposta ha un nome e un cognome: Elvira Cappella in Zanoni. Classe 1885, abilitata all’insegnamento nel 1906, fu insegnante provvisoria, unica nel territorio che una volta si chiamava Tortoreto Stazione. L’ultima sua scolaresca fu una prima elementare maschile composta di 20 alunni nell’anno scolastico 1951-52. In data 4-5-1953, con decreto emesso dal Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, le fu conferito il “Diploma di Benemerenza di Prima Classe” con diritto di fregiarsi della Medaglia d’oro per “il buon servizio reso nelle pubbliche scuole elementari”. L’intitolazione fu promossa e curata dalla stessa insegnante nel 1924-25 [1], che nel frattempo aveva intrattenuto rapporti epistolari con la madre del giovane Filzi, Amelia Ivancich, e col padre, professore e preside del liceo classico di Rovereto. I Filzi quindi non erano abruzzesi ma trentini.

fabio filziOggi è relativamente semplice avere informazioni generali su Fabio Filzi. Apri google, scrivi cosa stai cercando e verrai indirizzato ad una pagina di Wikipedia che accrescerà la tua conoscenza sull’argomento. Appena 20 anni fa tutto questo non era possibile e, devo essere sincero, nessuna maestra ci ha raccontato la sua storia; una grave mancanza, vista con gli occhi di giovane storico.
Torniamo sul vero soggetto di queste prime battute. Fabio Filzi nacque il 20 novembre 1884 a Pisino, in Istria, ma si trasferì nel 1892 a Rovereto. I luoghi e il clima dell’irredentismo segnarono profondamente la sorte di questo ragazzo che si fece trasportare sin da giovanissimo nella causa. Percorse, con lode, gli studi del ginnasio di Rovereto, ottenendo la licenza liceale (allora attestato di maturità) il 27 luglio 1904 [2]. L’anno successivo entrò all’università di Vienna iscrivendosi alla facoltà giuridica e nel 1906 continuò gli studi a Graz. Nel biennio 1907-1908 frequentò anche la “Scuola Commerciale Superiore, fondazione Revoltella” a Trieste. Laureato il 12 luglio 1909 in scienze commerciali, prese inoltre la laurea in giurisprudenza il 22 luglio 1910 a Graz. Durante gli anni universitari, il giovane Fabio Filzi sventolò senza timore la bandiera dell’irredentismo.

“Bisogna guardare Trieste da Roma, non Roma da Trieste, e credere che qui è necessario combattere non tanto per la lingua quanto per la Nazione”

scriveva nel 1907 ad un suo amico. Questo ideale fu il faro delle idee e dell’azione di Fabio Filzi, un faro che emetteva una luce così abbagliante che trascinò molti altri giovani. Nel 1904, infatti, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico di giurisprudenza all’università di Innsbruck si erano verificati tumulti e scontri tra autorità locali e giovani studenti. Il bilancio riportò un morto, alcuni feriti e molti arresti fra gli italiani, tra cui Cesare Battisti. Dopo gli avvenimenti Filzi prese le redini del movimento irredentista roveretano.

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[1] Una vita nella scuola Fabio Filzi, Premio Elvira Cappella Zanoni, Alba Adriatica, 2004, p.5

[2] Fabio Filzi, Estratto da Alba Trentina, Fasc. 54, Anno VII, nn. 3-4

L’attentato di Sarajevo, cento anni fa

prima pagina del new york times


Oggi, cento anni fa, si compiva un gesto efferato, non dissimile da altri che avevano costellato l’Europa nei decenni precedenti. Come già avevano fatto Bresci, Lucheni, Orsini, un giovane serbo, Gavrilo Princip, dirige la sua mano contro un aristocratico, un futuro imperatore, e lo uccide. Come la più classica delle scintille, l’assassinio dell’arciduca Franz Ferdinand innesca una reazione a catena che porterà l’Europa, per quattro lunghi anni, in una guerra devastante che cambierà la faccia all’intero pianeta.


Franz Ferdinand

Anno 1889, Rodolfo, erede al trono e unico figlio dell’imperatore Francesco Giuseppe, si suicida. Nel 1896 muore anche il fratello dell’imperatore, la successione passa quindi al figlio, l’Arciduca Francesco Ferdinando (Franz Ferdinand).
Il principe ereditario è una persona parca, non ama la vita di corte e non frequenta molto i salotti viennesi; di formazione militare, interessato alla marina, si definisce cacciatore e collezionista.
Nel 1892, a bordo della nave S.M. Kaiserin Elisabeth, Franz intraprende un lungo viaggio intorno al mondo: imbarcato a Trieste, oltrepassa Suez e raggiunge l’India dove gira, in treno, tra le maggiori città indiane partecipando anche a numerose battute di caccia. Visita poi l’Australia, l’Asia orientale e il Giappone. Da lì prende un piroscafo per il Canada, attraccando a Vancouver. Di nuovo in treno attraversa tutto il Nord America per ritornare infine in Europa, con un bottino di numerosi reperti etnografici e scientifici. Di quel viaggio scrive anche un diario, dato alle stampe con il nome di “Diario del mio viaggio intorno al mondo”.Franz Ferdinand Nel 1895 si ammala di tubercolosi, e i medici gli consigliano di rimanere in zone dal clima mediterraneo. L’arciduca si dedica perciò al suo principale interesse, la marina. Visita regolarmente i cantieri navali dell’Impero e segue l’ammodernamento della flotta imperialregia. Francesco Ferdinando è una personalità discretamente riformatrice: si rende conto del declino dell’Austria-Ungheria ed è perciò convinto della necessità di cambiare le cose. Sembra che sia un sostenitore del “trialismo”, cioè dell’idea di aggiungere una terza corona slava, oltre a quella austriaca e a quella ungherese, sul capo dell’imperatore, al fine di riconoscere almeno parzialmente gli impulsi nazionalistici slavi e quindi smorzarne le tensioni indipendentiste. Naturalmente questo lo mette in diretto contrasto con i patrioti slavi, e serbi in particolare, che non vogliono continuare a far parte dell’Impero, ma costituire una nazione a sé stante.

Gavrilo Princip e l’attentato

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Oggi, nel 1914, Gavrilo Princip uccide a colpi di pistola l’arciduca Francesco Ferdinando e la duchessa Sofia. L’attentato è considerato la scintilla che ha dato avvio al primo conflitto mondiale.
Chi era il giovane serbo? Fervente nazionalista, figlio della miseria e della povertà, nacque nel 1894 a Obljaj, nell’attuale Bosnia-Herzegovina, zona controllata dall’Austria-Ungheria ma formalmente sotto il governo dell’Impero Ottomano. Giungendo a Belgrado nel 1912 abbraccia la causa del nazionalismo serbo entrando a far parte dell’associazione “Giovane Bosnia”. Nel 1914 viene incaricato di assassinare l’arciduca in visita a Sarajevo. Forse la mente dietro tutto è Dragutin Dimitrijevic, capo del servizi segreti serbi. Il commando, che contava altri giovani armati dall’organizzazione segreta “Mano Nera”, tra cui Nedjelko Cabrinovic e Trifko Grabez, aveva l’ordine di suicidarsi con il cianuro portata a termine l’azione. Gli eventi che si susseguono al passaggio dell’auto regale sono alquanto rocamboleschi, e le fonti che li ricostruiscono sono spesso contraddittorie.
Il primo attentatore, Nedjelko Cabrinovic, alle ore 10.00, come prestabilito, lancia una bomba verso il corteo ma, per la rapidità del passaggio, provoca solo ferimenti lievi e un fuggi fuggi generale. Tenta a questo punto il suicidio, non riuscendoci. Il cianuro ha perso d’ efficacia. Princip, ormai avvilito e certo del fallimento, procede alla ritirata. Nel frattempo l’arciduca, non avendo di meglio da fare, decide di andare a redarguire il sindaco di Sarajevo per il benvenuto. E qui la storia incontra il fato.
La vettura regale, condotta dall’autista Franz Urban, opta, a causa di una catena di incomprensioni, di ripercorrere a ritroso il percorso per recuperare un elemento della scorta ferito: ve lo immaginate Kennedy che dopo il primo colpo a vuoto torna indietro?. L’incredulità prende il sopravvento su Princip: l’arciduca e la moglie gli stanno passando davanti procedendo a passo d’uomo. Estratta rapidamente la sua Browning M 1910, il giovane fa fuoco due volte. L’arciduca è colpito al collo, la moglie all’addome. La coppia muore poche ore dopo.
Come da programma, Princip tenta il suicidio. Il cianuro gli provoca un semplice conato di vomito ma nulla di definitivo. Molto rapidamente impugna l’arma del delitto per spararsi ma viene subito bloccato, e gli viene precluso l’ultimo gesto. A questo punto la beffa: Princip, ancora 19enne, non può essere condannato a morte. E’ una vera e propria beffa per un martire nazionalista non poter morire per la causa. 20 anni di prigione non glieli toglie nessuno, dicono. Trascorrerà solo 4 anni nella prigione di Terezin, dove sopraggiungerà la morte per tubercolosi il 28 aprile del 1918.

l'arresto di gavrilo princip

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